Quanto è importante informare e soprattutto formare le persone sul tema dell’economia circolare nel 2024?
Mi piacerebbe iniziare questo discorso partendo da un po’ di nomi di cui sicuramente qualcuno di voi avrà sentito parlare almeno una volta nella propria vita:
Quinto Orazio Flacco, Leonardo Sinisgalli, Pino Mango, Rocco Papaleo e Giuseppe Sassano.
Adesso vi starete chiedendo come mai ho inserito il mio nome insieme a quelli di qualche personaggio, (giusto un po’) più conosciuto di me (sono l’ultimo se non si fosse capito) in un discorso che tratta di economia circolare.
Bene, dovete sapere che c’è un fil rouge che mi tiene profondamente collegato a queste personalità, poiché sono uno studente di comunicazione d’impresa che frequenta un corso ITS e vive a Roma ma proviene dalla vicina ma lontana Basilicata, esattamente come i quattro precedenti.
Perché l’economia circolare?
Premesso questo, partirei dallo spiegare il perché del titolo di quest’articolo.
Uno dei temi di maggiore importanza, al giorno d’oggi è sicuramente quello della sostenibilità e verosimilmente chiunque conosce questa parola, o almeno pensa di conoscerla.
Dico questo poiché facendo qualche chiacchiera con ragazzi, imprenditori, donne e uomini (alcuni anche di grande cultura) della mia terra ho riscontrato delle lacune nella conoscenza degli argomenti riguardanti l’Economia Circolare.
Quindi ho cercato di darmi delle risposte analizzando questa situazione cercando di rimanere più oggettivo possibile.
Dunque, considerando che nel settore dell’economia circolare vi sono oltre 220mila imprese, che danno lavoro a quasi un milione di lavoratori, per un valore aggiunto di quasi 150 miliardi di euro (dati riportati da UNIONCAMERE), com’è possibile che “l’italiano medio” sappia ben poco rispetto a quanto di vasto ci sia da raccontare nel campo dell’Economia Blu?
Possibile che così tante persone non conoscano questo tema così importante? Magari non hanno svolto una ricerca approfondita sul tema? Magari ci sono attualmente poche informazioni disponibili a riguardo? Credo nessuna delle due risposte sia giusta ed esauriente.
Così ho provato a formulare 3 personali spunti per comprendere, almeno un po’, quella che è la Blue Economy.
PRIMO PUNTO: DISTRUZIONE
Distruzione del concetto di lavoro classico e degli schemi lavorativi e di studio che i soggetti sono abituati a seguire.
Riuscire a pensare “fuori dagli schemi” per creare un futuro in cui questi schemi diventino “ordinari” non è un’operazione così semplice, ma neanche inattuabile.
Alla base di ciò, però, deve esserci una politica che non si limiti al solo finanziamento ma ad una diffusione di notizie, fatti e spunti di incoraggiamento, in una vera e propria operazione per smuovere le coscienze, partendo proprio dalla “persona comune” che non trarrebbe apparentemente nulla da questo cambiamento, per arrivare all’imprenditore medio che in un qualche modo troverebbe futile, difficile ed economicamente non funzionale questo passaggio.
SECONDO PUNTO: CREAZIONE
In una scena di “Oppenheimer” l’ultimo film di Christopher Nolan, basato sulla storia dell’inventore della bomba atomica, c’è uno spaccato dove si prova a ricreare la divisione dell’atomo; sostanzialmente (e riassumendo il più possibile) il protagonista formula teorie sulla lavagna non trovando alcuna risposta, mentre un suo collaboratore nel laboratorio accanto in pochi minuti risolve l’arcano. Da qui nasce una celebre affermazione del suo aiutante:
“La pratica arriva dove la sola teoria non arriva”
Ora, dato che i grandi cambiamenti partono proprio dalla formazione, proviamo a spostare questa equazione in questo ambito, immaginate quanto sarebbe produttivo, formativo ed utile pensare alla creazione o alla promozione di progetti già esistenti che facciano immergere i ragazzi nelle nuove realtà di lavoro fondate sulla sostenibilità, introducendo così ad un nuovo concetto di lavoro, toccando con mano, apprezzando e soprattutto capendo l’importanza della circolarità.
In sostanza, informare sull’importanza dell’entrare da subito in un contesto lavorativo improntato all’equilibrio ecologico; significa essere pronti a ricercare un percorso di studio che più si addice alla personalità del singolo, magari essendo anche disposti a fare una scelta diversa dall’università, purché sia una scelta più funzionale alle proprie prospettive.
TERZO PUNTO: DIFFUSIONE
Il punto che, secondo il mio parere, è il più importante, saper comunicare quello che è la Blue Economy, gli innumerevoli vantaggi che potrebbe portare a tutto il tessuto economico e sociale italiano.
L’importanza di saper far conoscere alle persone i nuovi lavori che la nuova economia potrebbe portare con sé, lavori come il mobility manager, il giurista ambientale, l’esperto in smart city, l’energy manager e tanti altri lavori che magari nasceranno nel corso del tempo.
Quello che si può desumere è quanto sia importante dare risonanza a questo tema, parlarne, discuterne, che sia in un bar, o in un incontro tra manager, leggere una notizia al giornale o semplicemente riciclare quel vecchio mobile che vi aveva regalato vostra zia e che tenete ancora chiuso nello scantinato, ricordate che quel mobile sta solo aspettando di diventare un meraviglioso quadro, o magari no.
Questo dipende da voi, anzi DA NOI.