La plastica: da rifiuto nocivo a fonte di energia

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Sommario

10000 kg di rifiuti plastici raccolti nei mari diventano energia da usare per l’elettrico grazie al progetto “Insieme per il Mar Mediterraneo” di Marevivo onlus

 

A causa della cattiva gestione dei rifiuti, circa 13 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare ogni anno. Il nostro Mar Mediterraneo è un bacino acquifero chiuso, nel quale le correnti fanno tornare sulle coste circa l’80% dei rifiuti: lenze, reti da pesca, buste, bottiglie, flaconi e tanto altro. I pezzi di plastica feriscono e spesso sono causa della morte di animali come tartarughe marine e uccelli marini. Sono 134 le specie tra pesci, uccelli, tartarughe e mammiferi marini che nel Mediterraneo sono danneggiate dell’ingestione di plastica, con il risultato di blocco dei tratti gastrointestinali, danni fisici e meccanici agli apparati respiratori e di locomozione. Ma se pensiamo che i rifiuti nei mari danneggino solo i pesci, ci sbagliamo di grosso: questa spazzatura raggiunge anche noi; ingeriamo infatti in media cinque grammi di plastica a settimana tramite il consumo di pesce, l’equivalente di una carta di credito intera!

Questi i dati raccolti da Marevivo onlus nell’ambito del progetto “Insieme per il mediterraneo”, in collaborazione con TEZENIS Italia, IRIS srl e l’Università Politecnica delle Marche, svolto nel 2021 attorno alle coste marchigiane.

 

Il progetto di Marevivo

“Insieme per il Mar Mediterraneo” è l’iniziativa di Marevivo onlus  con il supporto di TEZENIS, volta a ripulire il “mare nostrum” dai rifiuti plastici per garantire un futuro sempre più plastic free. Il fine però non è stato solo il recupero della plastica, ma soprattutto la massima valorizzazione dello scarto, secondo tecnologie e standard innovativi che possono essere da esempio per la corretta gestione dei rifiuti e fornire una soluzione innovativa. Grazie a questo progetto, sono stati recuperati più di 10.000 kg di rifiuti di plastica dal Mar Mediterraneo e, attraverso un’attività sperimentale, parte di questi rifiuti  è stata convertita in energia elettrica in un’ottica di economia circolare.

Le fasi del progetto

Il progetto è stato suddiviso in tre fasi così distinte:

  • La prima fase ha riguardato la raccolta dei rifiuti: grazie all’attività dei battelli ecologici “Pelikan” di Garbage Group, che hanno operato in un’estensione di 240.000.000 m² tra porti, coste e foci dei fiumi per recuperare rifiuti di plastica, sono stati sottratti al mare più di 10.000 kg di plastica, risparmiando alle acque marine l’equivalente al peso di 1 milione di bottiglie di plastica.

 

  • La seconda fase del progetto ha previsto la conversione dei rifiuti recuperati in energia elettrica e calore grazie al dispositivo Green Plasma sviluppato da IRIS: questo sistema si basa sull’utilizzo della tecnologia di conversione termochimica che, grazie alle alte temperature raggiunte (fino a 5000° C), consente di trasformare in gas qualsiasi composto organico, separandolo dalla matrice inorganica. Il gas viene quindi convertito in energia elettrica e calore: l’intero trattamento avviene in assenza di ossigeno, senza alcuna combustione. I rifiuti non bruciano e non producono ceneri né emissioni, consentendo di trasformare uno scarto nocivo in una preziosa risorsa senza alcun impatto negativo per l’ambiente.

 

  • La terza fase del progetto ha previsto uno studio finalizzato a fornire dati utili per la ricerca del settore: il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente (DiSVA) dell’Università Politecnica delle Marche ad Ancona, ha condotto la caratterizzazione chimica dei rifiuti raccolti dal mare, la loro capacità di concentrare e trasportare contaminanti, gli impatti sugli organismi e sulla rete trofica. Grazie a questo studio è stato possibile analizzare la resa energetica specifica per le diverse plastiche raccolte in mare, dal valore energetico dei singoli materiali definendo il valore energetico di un’intera spiaggia da ripulire e introducendo un nuovo indicatore per i modelli di sostenibilità delle azioni di recupero ambientale.

 

Perché si parla di Blue Economy?

“Si tratta di un progetto estremamente ambizioso ed innovativo che permetterà di risparmiare tonnellate di rifiuti plastici al mare e, grazie all’utilizzo di nuove tecnologie disponibili, sperimentare l’utilizzo in un percorso di economia circolare. La tecnologia pirolitica verrà applicata alle plastiche raccolte dal mare senza trattamenti di pulizia, evitando dunque possibili costi di pretrattamento necessari per molte altre soluzioni, combinando le attività di pulizia, recupero e valorizzazione ambientale senza generare rifiuti, ma anzi trasformandoli in una risorsa per il recupero energetico”. 

Queste sono state le parole di Raffaella Giugni, Responsabile Relazioni Istituzionali di Marevivo, che commenta questa iniziativa come “ambiziosa ed innovativa”: la Blue Economy fonda proprio nell’ambizione e nell’innovazione la propria rivoluzione economica, che deve partire dal basso, cioè dallo scarto e dal rifiuto, per cercare il più possibile di valorizzarli e trasformarli in una risorsa che sia fruttuosa per il benessere del pianeta e generatrice di nuova energia.

Sarà proprio l’energia uno dei sei pilastri sui quali crescerà maggiormente la consapevolezza e lo sviluppo tecnologico nei prossimi anni: la ricerca universitaria e le nuove professioni del futuro dovranno svilupparsi secondo il modello di sostenibilità ambientale proposto dalla blue economy, focalizzando il loro impegno nello sviluppo di nuove metodologie per ricavare energia da fonti rinnovabili e ad impatto zero. Partendo da un’energia pulita e priva di emissioni di gas serra, sarà possibile creare un nuovo modello universale di economia circolare, che sarà la base della rivoluzione introdotta dalla Blue Economy. 

 

 

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Giorgio Comanzo

Giorgio Comanzo, 20 anni Studente del corso di "Comunicazione d'Impresa e Ufficio Stampa 4.0" della Fondazione ITS Servizi alle Imprese. Amante della natura, dello sport e delle tecnologie In redazione è creativo, versatile, determinato e allegro.

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