Quali sono le prospettive occupazionali nella Blue Economy?
«Per essere veramente green, dobbiamo pensare blue».
Queste le parole di Virginijus Sinkevičius, Commissario europeo per la pesca e gli affari marittimi rispetto al new Green Deal europeo indirizzato all’economia blu sostenibile.
Il concetto di Blue Economy, introdotto come modello di economia a livello globale dall’economista e imprenditore belga Gunter Pauli, mira alla creazione di un ecosistema sostenibile legato a minori investimenti con maggiori ricavi e alla creazione di più posti di lavoro. Pesca, acquacoltura, turismo costiero, trasporto marittimo, ingegneria navale, attività portuali, tutti questi diversi settori dell’economia blu dovranno ridurre il proprio impatto climatico nei prossimi anni.
Per poter realizzare questa transizione sostenibile sarà necessario investire su nuove tecnologie e tecniche innovative. Al centro del Next Generation Eu è stata posta proprio la blue economy, un business che raggiungerà globalmente nel 2030 un valore annuo di 3.000 miliardi di dollari (dati Ocse).
In tal senso anche il programma Horizon Europe 2021-2027 che contribuirà con il 35% delle missioni dedicate agli oceani.
In questo modo si creeranno anche nuovi business e nuove professioni, generando sia benefici economici che sociali, avvicinandosi sempre più a un modello di economia circolare sostenibile. Rispetto al passato, c’è una maggiore diversificazione della formazione del settore e anche una maggior richiesta da parte dei datori di lavoro, in Italia e soprattutto all’estero. Crescono del 50% le richieste di professionisti con solide competenze e con propensione alla sostenibilità ambientale e al risparmio energetico nella Blue Economy. Molte aziende lamentano però una difficoltà nell’identificare il profilo giusto da assumere nonostante le retribuzioni per questi professionisti assumano dei valori significativi.
La Blue economy al momento, nonostante coinvolga tutti i settori economici, si è principalmente sviluppata con le imprese di settore dell’Economia del Mare ma anche in questo ambito la difficoltà di reperimento di candidati è alta e si attesta al 24,7% del totale delle richieste. E’ previsto uno sviluppo sempre maggiore di tipologie di profili legati a ai settori professionali legati alla Blue Economy, quelli dell’Energia blu, dell’Acquacoltura, del Turismo marittimo, costiero e di crociera, della Biotecnologia blu, che già ora trovano grandi opportunità professionali.
Secondo l’ultimo rapporto Unioncamere sull’Economia del mare, la Blue Economy rappresenta oggi in Italia un comparto in cui sono attive 185mila imprese, pari a circa il 3% di tutte le aziende italiane. Le figure professionali maggiormente richieste dalle imprese blu sono quelle in possesso di qualifica o diploma professionale (53,8%), seguite dai diplomati di scuola secondaria superiore (26,1%), mentre è più limitata la domanda di laureati (3,5%) e diplomati degli Istituti Tecnici Superiori (0,9%). La tipologia del titolo di studio è legata alla filiera di appartenenza. Nella cantieristica navale il 10,4% di entrate è rappresentato da laureati e per il 5,8% è richiesto intensamente il possesso dei titoli dell’ITS.
Difficoltà di reperimento sono segnalate in media da quasi un’impresa del mare su quattro e il ridotto numero di candidati diviene la principale motivazione soprattutto nella cantieristica navale, nel trasporto marittimo e nelle industrie delle estrazioni terrestri e marittime.
